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Vetro, cristallo, un amore grande, un amore folle, trascinante, possessivo, faticoso, terribile per questa materia straordinaria, antica, viva, sensuale e decisa, che non perdona, ma che affascina e lega come le belle maghe, come le maliose streghe che hanno bevuto alla fontana della giovinezza. Veneziano, vissuto in un contesto in cui la storia della mia città è anche storia di vetro, crescendo in un rapporto tra tecniche e sapienza antiche da un lato e creatività contemporanee dall’altro, mi sono ritrovato, quasi naturalmente, a mettere la matita sul vetro ancora giovanissimo. E questa esperienza, cresciuta fino a passione, amore, rispetto è rimasta, in questi trent’anni, come una presenza fisica costante nel mio lavoro che pur mi ha portato a sondare altri campi e moltissimi altri materiali. Cristallo e rispetto. Vetro e culto, leggenda. E, come nelle leggende, la malìa del vetro nasce, racconta Plinio il Vecchio, presso la foce del fiume Belus, dal fuoco di naviganti Fenici sbarcati con il carico di natron sulla sabbia silicea del fiume stesso. Un’origine leggendaria che, però, accentua la nota alchemica di questa materia che nasce casuale dal fuoco e dalla terra, in un luogo solitario, quasi come gli spiriti dei boschi, della terra, dei fiumi.